Lo so. Lo so, davvero. Però le scuse le ho. Non penso che qualcuno verrà a leggere queste righe ma fa nulla, per correttezza le scrivo. Sono stati mesi di cambiamenti. Sto affrontando la maturità ed era già un casino così a settembre. Sarebbe potuto bastare. E invece no.
Sono stata tradita dal ragazzo con cui stavo da tre anni, il quale, merda, si arrogava anche il diritto di essere perdonato senza che io battessi ciglio. "Rafforza il rapporto"... Un cazzo. Non me l'ha neppure detto lui, l'ho dovuto scoprire. E' stato difficile considerato che tutte le mie prime esperienze le avevo fatte con lui. E poi c'era l'abitudine. Non ho pianto subito. Ho buttato tutti i regali, sia dalla finestra che nella spazzatura (se avessi buttato un bagnoschiuma pieno dalla finestra avrei avuto dei problemi: sotto c'è il parcheggio del supermercato). Per la crisi ho aspettato una settimana. E lì ho capito che non potevo stare male per uno stronzo del genere che, tra l'altro, si è subito rifatto. Quindi che ho pensato? Ma io sono single! Sfruttiamo la situazione! Ero elettrizzata: essere single a diciott'anni dopo una batosta del genere ti fa passare le peggiori stronzate, sia a casa che con gli amici. Devo dire che i miei amici sono stati fantastici: non mi hanno lasciato sola un attimo e mi hanno impedito di naufragare. Senza contare quella che adesso considero una sorella: siamo andate a sbronzarci a Natale ed eravamo così... ALLEGRE!
Bè, nei programmi c'era di non legarsi più a nessuno. Per carità, ma che scherziamo? Dopo una cosa del genere avrei dovuto dare di nuovo fiducia a un maschio? Ahahahahhahahahahah
Ho avuto ben poco da ridere a distanza di un giorno. Sì, non era per niente programmato. E' andata così: ci parlavamo già da un pò io e... Come posso chiamarlo mantenendo la privacy? Io e S. Ecco. Poi... "Ti va di andare a prendere un caffè?" "Ok, dove?". E' andata così. Quando ho avuto la possibilità concreta di iniziare una nuova storia seria ero terrorizzata, giustamente direi dopo tutto ciò. Ho rimuginato qualche giorno. Per forza. Alla fine ho deciso. Dura da un pò più di un mese e io sono fiera di dire adesso che sto bene, sono felice e nonostante la maturità affronto ogni giorno perchè... Ho avuto culo alla fine. Non pensavo di innamorarmi di nuovo anzi ero decisa a impedirmelo ma non ci sono riuscita. Non con S. Quindi ho deciso di credere nel karma. Mi è successa una cosa orribile? Adesso mi sono guadagnata il meglio.
TheBlackDalia
domenica 3 febbraio 2013
domenica 2 settembre 2012
Avventure metropolitane
Una donna sottopeso e vestita male trascinava il figlio, un
bel bambino paffutello, lungo la strada. Il piccolo era intento a sgranocchiare
le patatine che prendeva dal sacchetto, quelle al ketchup, le sue preferite.
-Luca, e muoviti!- lo strattonò la donna.
Al bimbo cadde una patatina che aveva in mano, proprio
vicino alla grata della fogna. Luca fece per fermarsi e raccoglierla, ma la
madre lo tirò a sé.
-Che stai facendo?- gli chiese con un tono da gallina
isterica, puntando i suoi freddi occhi rigetti in quelli caldi e scuri del
bimbo.
-Volevo solo…-
-Vuoi prenderti l’influenza suina? O devo direttamente
portarti all’ospedale? E poi sei già abbastanza in carne, non dovresti mangiare
queste schifezze!-
La madre gli sfilò il sacchetto dalle mani con una rapidità
da rapace. Gli occhi di Luca, che a cinque anni ignorava totalmente il presunto
problema che avrebbe dovuto causargli un pancino rotondo, cominciarono a
riempirsi di lacrime.
-Noooooooooo…-
Il bambino cercò di riafferrare il pacchetto, ma la madre lo
buttò per terra vicino alla patatina caduta.
-Nooooooooooooooooooooo!- gridava Luca ormai in lacrime
mentre veniva trascinato via di peso dalla madre.
Forse era la luce tremolante dei lampioni che gli fece
vedere una mano bianca, come se fosse fatta dello stesso materiale della luna,
che sollevava la grata della fogna senza fare il minimo rumore. Oppure le
lacrime gli avevano annebbiato la vista, perché vide che la mano prendeva il
suo sacchetto, lo portava all’interno della fogna con la grata che si chiudeva
sempre nel massimo silenzio. Di certo se l’avesse detto alla madre, lei avrebbe
tirato fuori qualche spiegazione assolutamente logica. Ma Luca già a cinque
anni aveva un’idea precisa della realtà dei grandi e della realtà vera.
E? vecchio, ma che ve ne pare?
sabato 1 settembre 2012
Un'estate esplosiva
Non so da dove cominciare.
Forse è per il bene comune di questo blog che sappiate che io tengo diari, da sempre. L'ultimo è stato uno dei più tormentati. In realtà sono stati anni tormentati e, me ne sono resa conto troppo tardi, era solo colpa mia. Ero troppo impegnata a far cose che non volevo fare per guardarmi intorno e vedere la devastazione che mi lasciavo alle spalle.
Ho dovuto passare un'intera estate lontana da Julian perchè tornassi in me.
Bentornata ispirazione.
Bentornate idee chiare.
Bentornata padronanza di me stessa.
Ce l'ho fatta.
A scanso di equivoci, nessuno ha messo le corna all'altro, altrimenti non saremmo neppure qui. Quindi eccoci a settembre... Anche se ho una fifa blu per quel che riguarda la scuola, sono contenta di essere qui.
Forse è per il bene comune di questo blog che sappiate che io tengo diari, da sempre. L'ultimo è stato uno dei più tormentati. In realtà sono stati anni tormentati e, me ne sono resa conto troppo tardi, era solo colpa mia. Ero troppo impegnata a far cose che non volevo fare per guardarmi intorno e vedere la devastazione che mi lasciavo alle spalle.
Ho dovuto passare un'intera estate lontana da Julian perchè tornassi in me.
Bentornata ispirazione.
Bentornate idee chiare.
Bentornata padronanza di me stessa.
Ce l'ho fatta.
A scanso di equivoci, nessuno ha messo le corna all'altro, altrimenti non saremmo neppure qui. Quindi eccoci a settembre... Anche se ho una fifa blu per quel che riguarda la scuola, sono contenta di essere qui.
lunedì 18 giugno 2012
A chiazze
Bonsoir a tutti, da stasera ho deciso che sul mio blog non metterò più recensioni. E neppure le foto del compleanno, che in tutto sono più di 200 e non si caricherebbero mai. In compenso, metterò di più della mia vita. E per i libri, semplici consigli con nome dell'autore e titolo (il mio cervello non funziona se non leggo, scusate). Sono stata al mare, peccato che mi sono abbronzata a chiazze. =(
Presto partirò per Parigi e sto rispolverando un pò di francese, anche se sono praticamente certa che dopo qualche giorno lì saprò destreggiarmi. Ce l'ho nelle vene, deve essere così. Scusate ancora se sono stata molto assente, è stata una fase, ma ora torno in me. =D
Au revoir! xoxo
Libro consigliato da leggere sotto l'ombrellone ma gli inguaribili romantici ma anche ironici: Per l'@more basta un clic di Rainbow Rowell
Libro consigliato a coloro che amano i gialli e non ne possono più dei vampiri alla Twilight: Ladra di sangue di Cherie Priest
Presto partirò per Parigi e sto rispolverando un pò di francese, anche se sono praticamente certa che dopo qualche giorno lì saprò destreggiarmi. Ce l'ho nelle vene, deve essere così. Scusate ancora se sono stata molto assente, è stata una fase, ma ora torno in me. =D
Au revoir! xoxo
Libro consigliato da leggere sotto l'ombrellone ma gli inguaribili romantici ma anche ironici: Per l'@more basta un clic di Rainbow Rowell
Libro consigliato a coloro che amano i gialli e non ne possono più dei vampiri alla Twilight: Ladra di sangue di Cherie Priest
venerdì 15 giugno 2012
lunedì 11 giugno 2012
Ma davvero non si capisce?
Non so. Ho deciso di postare il primo capitolo di quello che sto scrivendo. Finora le critiche sono state:
1. non si capisce!
2. ci sono troppe parolacce!
Tutto cominciò una fredda sera di maggio. Il vento sferzava le strade illuminate dagli eleganti lampioni, era sabato, e la gente passeggiava tranquilla, o leggermente ubriaca, a seconda dei casi. Una giovane ragazza americana si fermò a guardare il cielo rapita. Era carina, aveva un sorriso luminoso. Prese per mano Jack, il suo fidanzato, e lo tirò vicino a sé, baciandolo con passione.
1. non si capisce!
2. ci sono troppe parolacce!
Tutto cominciò una fredda sera di maggio. Il vento sferzava le strade illuminate dagli eleganti lampioni, era sabato, e la gente passeggiava tranquilla, o leggermente ubriaca, a seconda dei casi. Una giovane ragazza americana si fermò a guardare il cielo rapita. Era carina, aveva un sorriso luminoso. Prese per mano Jack, il suo fidanzato, e lo tirò vicino a sé, baciandolo con passione.
-Calma, tigre!- la
ammonì lui ridendo.
-Solo perché siamo
a Parigi, la città più romantica del mondo e via dicendo, non significa che tu
debba essere per forza così espansiva in pubblico!-
A Jack in realtà
non dispiacevano le effusioni pubbliche della sua ragazza: in fondo Jennifer
era un bel bocconcino e farsi vedere in giro con lei non poteva far altro che
aumentare la sua popolarità.
-Non è solo per
questo, tesorino- gli rispose lei sensuale, giocando con il bavero della
camicia del ragazzo.
-Oggi facciamo due
mesi. Non dirmi che non te lo ricordavi!- Jenny mise su il suo solito broncio,
che la faceva apparire ancora più sexy, e lo guardò dritto negli occhi.
-Ma no, che dici,
amore?-
Jack si riprese
rapidamente dall’imbambolamento. Erano passati mesi da quando si era messo con
lei eppure c’erano momenti in cui la guardava ancora con la faccia da tonto. Va
bene, molto spesso le guardava fisso le tette. Era un adolescente arrapato,
cazzo, era normale!
-Anzi, ti ho
comprato questo- Jack tirò fuori dalla tasca della giacca bianca una scatolina,
tutta ben infiocchettata.
-Jack!- trillò
Jenny felice, -Davvero?!-
-Certo…- le rispose
lui, insicuro su ciò che voleva dire. Sembrava un ragazzino impacciato, porca
miseria!
-Però sediamoci su
una panchina, non vorrei che ti cadesse qualcosa- riprese lui, indicandole un
punto preciso, nell’oscurità.
-Come sei dolce!-
esclamò la ragazza, dirigendosi felice nel luogo appartato, seguita a ruota da
Jack.
Una volta seduta
lui la rimirò da qualche metro di distanza. Voleva vedere bene la sua
espressione quando avrebbe visto il suo regalo. Con i capelli neri, la
camicetta bianca con le maniche a sbuffo e la gonna nera arricciata in fondo,
il tutto riempito da un corpo di cheerleader, era incantevole. Su una caviglia
sottile brillava qualcosa, un braccialetto forse, di cui Jack non si era mai
accorto. Strano.
Jenny aveva appena
aperto la scatoletta e per quanto il ragazzo si sforzasse di decifrare la sua
espressione, non ci riuscì. La ragazza era immobile, con lo sguardo fisso sul
suo regalo.
Jack si accorse
solo in quel momento che stava trattenendo il fiato, soltanto adesso capiva
quanto voleva che le piacesse quello che le aveva comprato.
Jenny tirò fuori
con attenzione la catenina, fissandola intensamente. Era d’oro bianco,
sottilissima, e aveva un ciondolo: un cuore piatto con incise sopra due lettere
da una parte, JJ, e dall’altra 4 ever.
-Tutto qui?- il
tono della ragazza era completamente cambiato.
Jack ebbe come
l’impressione di sentire il suo cuore cadere da qualche parte, in remote
profondità, e rompersi in mille pezzi. Lui era un dongiovanni, come aveva
potuto ridursi così per una ragazza, sebbene bellissima? Eppure lo sentiva
chiaramente: stava male. Malissimo. Pregò di non piangere ma a quanto pareva
Chiunque-Ci-Fosse-Ai-Piani-Alti non stava prestando attenzione.
-Oddio, sei pure un
frignone, non solo non sei abbastanza intelligente da comprare diamanti o
qualcosa che una ragazza possa indossare senza vergognarsi, ma sei pure così
senza palle!- lo aggredì Jenny.
Era vero che il
ragazzo era ottenebrato dal dolore, ma gli sembrò di vedere chiaramente che i
suoi occhi ora brillavano nell’oscurità, come quelli di un gatto. Perché cavolo
aveva scelto quel posto lì, al buio, era diventato cretino?! Non c’era qualcuno
che potesse vedere quello che lei gli stava facendo? Non sembrava neanche più
Jennifer…
Jack sentiva uno
strano sapore il bocca, cattivo. Stava sudando come una fontana, sebbene la
temperatura fosse di certo scesa, e le gambe erano due budini.
-Ah, stavolta non
mi dispiace neppure, tu sei uno di quelli che se lo meritano- Jenny schioccò le
dita e improvvisamente apparve dalle tenebre una massa oscura, di forma
vagamente umanoide. Sembrava una fiamma nera, con occhi rossi, che lo
perforavano.
-Prendetelo- ordinò
l’ombra con voce sepolcrale, un comando svogliato, e dal nulla apparvero due
mastini neri, che sembravano molto simili al suo padrone, se non per il fatto
che in essi si vedeva anche il bianco delle zanne.
-JENNIFEEER!- urlò
Jack, tra le lacrime, prima che i cani infernali gli saltassero addosso,
strappandogli i vestiti e dilaniando la sua carne. Trascinandolo per le braccia,
dove avevano affondato i denti in profondità, lo portavano verso un buco.
Perché non sembrava altro che questo, finchè non vide l’ombra inquietante
sprofondarci dentro. Cazzo, non era
un buco qualsiasi! Cercò di urlare e di divincolarsi, ma nessuno lo sentì,
anzi, i cani strinsero più forte la presa. Jack ululò ancora più forte, in
preda alla disperazione e alla paura più totale.
-Sei proprio una
femminuccia!- gli gridò contro Jenny, che improvvisamente torreggiava su di
lui. Quell’apparizione gli bloccò le corde vocali giusto il tempo di notare che
non sembrava più umana: le pupille erano come quelle di un gatto, il sorriso
crudele rivelava due canini molto più lunghi del normale e tutt’intorno a lei
vorticava qualcosa di scuro, facendole ondeggiare i capelli ed i vestiti, come
se stesse sott’acqua.
-Divertiti
all’Inferno, tesoruccio-
Le ultime parole di
Jack su questa Terra furono: -Brutta troia che non sei altro!-
L’ultima cosa che
vide fu la ragazza che aveva amato che buttava con forza il suo regalo sul
marciapiede, e poi se ne andava, come se non fosse successo nulla. Quello fece
più male di tutti gli insulti del mondo.
Quella stessa
notte, mentre Parigi continuava la sua vita notturna incurante dei problemi
altrui, per esempio di un ragazzo innocente che veniva trascinato all’Inferno,
qualcuno passò per quel vicolo maledetto. Nessuno la notava, era una figura
minuta che sembrava compattarsi al resto della folla: cappottino lungo e
grigio, cappello calcato sul viso nel quale erano raccolti i capelli e gli
occhi nascosti da un paio di occhiali da sole enormi. Quello sarebbe potuto
sembrare strano, ma nessuno si soffermava troppo con lo sguardo su
quell’aspetto bizzarro. Tuttavia quella persona che sembrava così
insignificante annusò l’aria passando di lì e sentì l’inconfondibile odore di
zolfo. Borbottò qualcosa tra sé e abbandonò la strada illuminata, per
avvicinarsi alla panchina. Passò le dita sul legno. Niente. Abbassò giusto un
po’ sul naso, tipicamente francese, gli occhiali scuri per vedere meglio sotto
alle fronde di quell’albero.
-Ah-ah!- esclamò
soddisfatta. Aveva trovato il segno. Un cerchio di terra bruciata, poco
distante da lì. Tutt’intorno l’erba era verde, solo lì no. Non aveva il
coraggio di toccare quella parte: non si fidava mai troppo dei passaggi
demoniaci, potevano essere aperti anche se non lo sembravano. E lei preferiva
non ritrovarsi con un braccio putrido o incandescente che usciva da lì e la
tirava giù. No, grazie, non faceva per lei. Rapidamente tirò fuori da uno dei
tasconi del cappotto il suo I-phone, con il quale ottenne una foto piuttosto
nitida del punto interessato. Riposto quello, tirò fuori una bustina di sale,
una delle tante che si portava appresso, e con esso disegnò una croce sopra al
cerchio d’erba bruciata. Mentre compiva questo procedimento con attenzione,
sussurrò:
-Crux sancta sit mihi lux, non draco sit mihi
dux. Vade retro satana, numquam suade mihi vana-.
Dopo aver ripetuto a memoria quelle frasi per tre volte si allontanò furtiva,
sistemando di nuovo gli occhiali scuri al loro posto. Prima di abbandonare quel
luogo, era sola e non del tutto armata, per cui cominciava ad avere paura, vide
brillare qualcosa in lontananza. Si guardò intorno. Nessuna presenza maligna in
vista, a quanto pareva. Prese coraggio e si avvicinò, chinandosi a raccogliere
la fonte di quel bagliore. Una collana. Già prima di toccarla ebbe come la
sensazione di sapere che era collegata a quello che era successo quella sera.
Quando la prese in mano un turbine d’immagini esplose nella sua testa, ma lei
fu più veloce e ficcò subito in tasca la collana. Senza più esitazioni, corse
verso casa, aspettando che a ogni incrocio saltasse fuori qualcosa che la trascinasse
all’Inferno a fare compagnia al disgraziato di turno. Quando arrivò a casa,
relativamente sana e salva, senza contare gli insulti di quelli a cui era
andata addosso lungo la sua folle fuga e il sudore che sentiva colare da tutte
le parti, fu subito accolta da una voce familiare.
-Che diavolo ti è successo?-
Pareri, please!
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